Newsletter n.76

Mattai G. (1)

Newsletter n.76

 

 

 


In ricordo di Giuseppe Mattai

(23 dicembre 1918 – 5 dicembre 2017)

      Giuseppe Mattai, scomparso poco meno di un anno fa, è stato una delle voci più autorevoli del cammino che la teologia morale italiana ha percorso a partire dal Vaticano II. La sua formazione teologica, avvenuta nel periodo tra gli anni 40 e gli anni 50 del secolo scorso – nel 1941 ha conseguito la laurea in filosofia e nel 1950 quella in teologia morale –, si è sviluppata nel segno della manualistica tradizionale, della quale egli ha avvertito tuttavia, fin dall’inizio, i gravi limiti. E’ testimonianza trasparente di questa consapevolezza la sua lunga Introduzione al Trattato della coscienza morale di Antonio Rosmini (Edizione nazionale, Fratelli Bocca editori, Roma-Milano 1954), in cui simpatizza chiaramente con il filosofo e teologo Roveretano, mettendone in evidenza la profondità della dottrina e contrapponendola all’aridità della casistica del tempo.

Mattai ha vissuto dunque con grande passione la svolta conciliare, sentendosi pienamente partecipe del clima di apertura della chiesa nei confronti del mondo – una vera rivoluzione epocale come egli spesso ripeteva – e coinvolgendo tutte le proprie energie nell’impegno di rinnovamento dell’etica cristiana per restituirle la capacità di conformare i propri contenuti alla radicalità della proposta evangelica. L’esperienza sofferta della chiesa preconciliare, nella quale aveva sperimentato momenti faticosi di marginalità e di isolamento, lo spingevano ad affrontare con entusiasmo la nuova stagione che si era aperta, partecipando in prima persona al dibattito pubblico su questioni cruciali riguardanti la vita ecclesiale, nonché le vicende sociali e politiche della vita del nostro Paese.

Alcune difficoltà incontrate in seguito, sia all’interno della congregazione salesiana cui apparteneva che all’interno della chiesa – non è stata estranea a questa decisione la promulgazione dell’ Humanae vitae di Paolo VI che egli (come del resto molti altri teologi morali) considerava una pesante forma di arretramento rispetto alle aperture conciliari – lo indussero a chiedere nel 1969 la riduzione allo stato laicale, e poi, dopo qualche anno di silenzio, la reintegrazione con l’incardinazione nell’archidiocesi di Napoli, dove iniziò un lungo (e fervido) periodo di insegnamento presso la Facoltà teologica dell’Italia meridionale. Sono di questo periodo le opere più significative di Mattai, che affrontano con grande  competenza (anche tecnica) i temi della vita politica (cfr. Morale politica e Morale internazionale, EDB, Bologna rispettivamente 1971e 1972) ed economica (cfr. Aa. Vv., Messaggio cristiano ed economia,EDB, Bologna 1973, dove il suo contributo occupa la parte più rilevante del volume).

Pur spaziando i suoi interessi in tutti i campi della riflessione morale, non escluse le questioni fondative – la originaria formazione filosofica lo rendeva particolarmente sensibile alle istanze epistemologiche – Mattai ha dedicato gran parte della sua ricerca, oltre che all’etica socioeconomica e politica, come già si è  ricordato (una ripresa aggiornata del tema economico si trova in: Corso di Morale, a cura di T. Goffi-G. Piana, vol. 3: Koinonia. Etica della vita sociale, Queriniana, Brescia 1991, 2 ed. nel capitolo dal titolo Problemi etici della vita economica, 353-492), all’etica ecologica e della pace, con una ampia serie di contributi su riviste specialistiche e divulgative, ma soprattutto con saggi di particolare interesse scientifico come Pace, giustizia, salvaguardia del creato contenuto nel Trattato di etica teologica (a cura di Luigi Lorenzetti, vol. 3: Etica sociale, EDB, Bologna 1992, 2 ed., pp. 283-310)  o come le numerose voci redatte per il Dizionario di teologia della pace (a cura di Luigi Lorenzetti, EDB, Bologna 1997), di cui è stato direttore della sezione di ecologia.

La critica al capitalismo e alle condizioni lavorative proprie della società industriale avanzata, la denuncia delle pericolose derive in cui la democrazia sembrava incorrere, nonché dei rischi insiti nell’assolutizzazione del principio della proprietà privata – a tale proposito Mattai ebbe un duro scontro (non senza pesanti conseguenze) con il card. Siri in occasione della celebrazione di una Settimana sociale dei cattolici – si intrecciava così, grazie anche alle provocazioni dell’amico pacifista Antonino Drago, con il “no” radicale alla guerra e ad ogni forma di violenza, compresa quella nei confronti della natura, con una lotta serrata nei confronti della fabbricazione e della vendita delle armi, e (infine) con l’aperto sostegno ad importanti istituti civili quali l’obiezione di coscienza, la difesa nonviolenta e la disobbedienza civile.

Ma, al di là dell’apporto dato alla ricerca morale e dell’impegno militante su vari fronti della vita sociale, indimenticabile rimane la figura umana di Mattai, la sua ricca e amabile personalità, capace di creare condizioni di dialogo anche in presenza di situazioni conflittuali, grazie al fine umorismo con cui sdrammatizzava la rigidità di talune argomentazioni, mettendone in evidenza la relatività. Fine conversatore e brillante conferenziere, egli ha attraversato più volte l’Italia – dal Sud al Nord e viceversa – invitato a parlare negli ambienti più diversi e con i pubblici più diversi, accolto sempre con calore per la semplicità e la vivacità con cui affrontava anche le tematiche più complesse senza venir meno al rigore da esse richiesto.

Un uomo schietto e generoso, che sapeva coltivare in profondità il senso dell’amicizia e che creava attorno a sé, ovunque andava, un alone di simpatia, presentandosi sempre con umiltà e discrezione e non facendo mai pesare le sofferenze (e non sono state poche!) derivanti dalle incomprensioni già accennate, incontrate negli ambienti ecclesiastici. E soprattutto un prete vero, che aveva pienamente introiettato dentro di sé lo spirito salesiano – quando parlava di Don Bosco (e succedeva piuttosto di frequente) il suo volto si illuminava – e che ha fortunatamente trovato negli ultimi anni una fraterna accoglienza da parte della sua famiglia religiosa, riuscendo così a coronare il sogno da lungo tempo coltivato, quello di confermare, al termine dell’esistenza, la sua scelta originaria. Un coronamento del sogno che ha reso di certo più serene le ore faticose della sua vecchiaia.

GIANNINO PIANA

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