Etica e neuroscienze

Prof. Salvino LEONE - Facoltà Teologica di Palermo

Indagate nel loro insieme le neouroscienze stanno cominciando ad offrire nuove prospettive conoscitive sulla mente umana e quindi, di fatto una nuova soggettualità che interagisce con quella del medico.
– Rapporto libertà/determinismo. Potremmo dire che la riflessione bioetica sulle neuroscienze inizi nella prima metà dell’800 quando Phileas Cage, un operario delle ferrovie statunitensi rimase ferito durante un’esplosione e una sbarra di ferro gli trapassò il cranio nei lobi frontali. Sopravvisse ma, da allora, subì un forte cambio di personalità e da persona mite e laboriosa qual era divenne violento e incline alla blasfemìa tanto da venire licenziato. La grande domanda che ci si pone riguarda quindi il rapporto tra libertà/determinazione nei comportamenti umani. Una lunga tradizione morale ci ha abituati a ritenere l’irascibilità un comportamento scorretto e, sul piano religioso, la bestemmia una peccato grave. Ma nel caso di Cage in cui questi comportamenti erano certamente da attribuire al trauma? Certamente si tratta di un caso limite ma in quelli di minore entità ed espressione è possibile condurre un ragionamento analogo?
– Rapporto ragione/emozione. Ma se questo interrogativo riguarda il rapporto tra libertà e condizionamento esterno vi è un’altra problematica eticamente coinvolgente relativa al rapporto tra ragione ed emozione, ritenuti da sempre termini in qualche modo antitetici, spesso caratterizzanti il globale temperamento e la personalità (razionale o emotiva) di un individuo. Per meglio analizzare questa problematica mi servo di un test messo a punto nel 1967 da Philippa Ruth Foot e noto come “dilemma del carrello ferroviario” C’è un carrello ferroviario (nella versione originale era un tram) che corre veloce ma ha un guasto ai freni. Lungo il suo tragitto vi sono cinque uomini legati ai binari che, inevitabilmente, ucciderà. Vi è però la possibilità che, azionando uno scambio, il carrello vada su un binario in cui vi è un camminatore solitario non in grado di vederlo. Cosa fareste voi? Azionereste o no lo scambio? In genere la maggior parte dei soggetti testati opta per deviare il carrello in quanto è preferibile uccidere una sola persona che 5. Decidendo di deviare, invece, salvano 5 persone ma quella che uccidono muore per un loro specifico intervento finalizzato a questo. Quindi, come si vede, il giudizio morale sui comportamenti umani è più complesso di quanto si creda perché, anche in questo caso, non vi è stata una piena e in-condizionata libertà di comportamento.
– Rapporto natura/cultura. Alcuni studi di neuroanatomia funzionale con cui si stimolano selettivamente alcune aree cerebrali o si rilevano i potenziali evocati in rapporto a specifiche decisioni morali hanno evidenziato una sorta di “neuroanatomia della morale”. Infatti per ciò che attiene i cosiddetti “giudizi impersonali” questi attivano le aree cerebrali del lobo parietale e la corteccia dorso-laterale prefrontale; i giudizi “personali”, invece attivano il lobo parietale inferiore, il giro cingolato medio e il giro frontale mediale. Possiamo pensare allo sviluppo maggiore di alcune aree in alcuni soggetti rispetto ad altri (natura) mentre con opportune stimolazioni farmacologiche potremmo indurre alcuni soggetti a una maggiore personalizzazione del giudizio morale.
Da quanto detto emerge la possibilità di una nuova “mappatura cerebrale. E’ noto infatti che nel cervello è stato proiettato un homunculus motorio e un homunculus sensitivo. Forse è maturo il tempo per immaginare un homunculus etico su cui collocare le diverse percezioni, sensibilità e operatività morali. Ma tutto questo potrebbe portare a una vera “rivoluzione” nell’impostazione delle argomentazioni etiche che comporti:
– La rivalutazione delle legge naturale. Negli ultimi decenni si è cercato nell’argomentazione morale di superare o quantomeno ridefinire l’esatta nozione di legge naturale destituendola dei suoi connotati “biologici” per riproporla in termini antropologici (natura ut ratio). Di fronte a queste basi neurobiologiche dell’etica forse potrebbe tornare in auge la precedente comprensione.
– La ridefinizione del “libero arbitrio”. Da quanto detto, infatti, si vede come siano profonde e biologicamente radicate le basi comportamentali dell’agire anche sotto il profilo morale. Per cui i condizionamenti che prima si pensavano solo in termini psico-sociali potrebbero ora avere una diversa e più profonda strutturazione.
– L’aspetto per certi versi più affascinante ma anche più terribile se usato per fini negativi è la possibilità di “condizionamento morale” inducendo comportamenti buoni e moralmente positivi in chi ne è privo. In un certo senso si potrebbe “far diventare buono” chi non lo è. Si tratterebbe in qualche modo di una vera e propria “terapia etica”. Ma non dimentichiamo che anche i condizionamenti perpetrati nei gulag si ponevano un obiettivo simile, sia pure politicamente finalizzato.
– Nel sentire morale potrebbero darsi diversi approcci forse equipollenti o forse no: uno razionale e uno emotivo. Avrebbero pari diritto di cittadinanza? Si dovrebbe preferire uno rispetto all’altro? Magari in situazioni diverse? O tutto dovrebbe essere lasciato alla strutturazione morale prevalente in quel dato soggetto?